Anche quest’anno c’è stato il concorso fotografico per la scuola secondaria di primo e secondo grado. Il tema era “artisti per gli altri”, riprendendo la frase di p. Pedro Arrupe che ha accompagnato l’anno pastorale di tutti i collegi dei gesuiti della nostra Provincia:«uomini e donne per gli altri», obiettivo dei nostri sforzi educativi.

Non è facile cogliere gesti di tenerezza, di attenzione, o mostrare in uno scatto o in un fotocollage cosa significhi “essere per gli altri”. Men che meno farlo con arte, con gusto. Sebbene con ritrosia (perché non sappia la mano sinistra ciò che fa la destra) capita di mettere sui social una foto di un bel gesto, uno scatto veloce ripreso con il cellulare. Meno spesso capita di farlo con cura, prendendo il tempo, facendo attenzione alla luce, i dettagli, le trame nascoste che tessono il mondo esteriore ed interiore.

Per questo motivo non è stato facile né partecipare (“che vuol dire? Quale foto?”) né scegliere, perché ciascuna foto cercava di esprimere, a modo suo, l’essere per gli altri.

Le immagini vincitrici sono quattro, due per plesso. “Un semplice sorriso” di Emma Condemi esprime in un fotocollage la forza di un sorriso e di come esso possa avere effetti laddove non ci immaginiamo, come ci ricorda la frase di madre Teresa di Calcutta.

Il dinamismo della sequenza di Allegra Conte in “I veri amici” ci riporta invece a gesti quotidiani quanto necessari a rendere calda l’amicizia, soprattutto nei momenti bui di solitudine, paura, tristezza.

Per la secondaria di secondo grado le vincitrici sono state Sofia Beccia e Alice Paolucci. Per entrambe il soggetto è il proprio nonno, eppure hanno saputo dare due sguardi assai diversi. La prima, infatti, sottolinea con colori tenui e composizione grande dolcezza, dove la giovane guida il nonno nelle nuove tecnologie, quasi sbucando da lato. La seconda, invece, con grande contrasto e tensione emotiva cattura le attenzioni che il nonno riceve, quasi reclamando un’autonomia perduta.

Ringraziamo i giovani artisti che hanno voluto mettersi in gioco, cercando nel proprio mondo il tanto bene che c’è e tentando di renderlo arte per altri.